Il grasso della carne è assolto

31 Aug 2017 no comments Giorgio Calabrese

Una recente ricerca scagiona i grassi della carne, per anni sul banco degli imputati

Nella seconda metà del XX secolo è avvenuta una stigmatizzazione mediatica e scientifica del grasso e, in modo particolare, dei grassi animali. Il grasso è stato sommariamente condannato come responsabile di sovrappeso e di malattie, senza che alla base di questa convinzione vi fosse la necessaria chiarezza scientifica. Ancora oggi, spesso i grassi animali vengono connotati negativamente e messi in cattiva luce come dannosi per la salute.

I grassi animali sono preziosi
Ormai da trent’anni, la percentuale di grassi nella nostra alimentazione è in calo, grazie al consumo di prodotti che ne contengono una ridotta quantità. A livello globale, tuttavia, la problematica dell’obesità è in aumento, in quanto le persone tendono a mangiare comunque cibi troppo calorici. Un’intensa attività di ricerca condotta negli ultimi anni ha permesso di guardare i grassi animali sotto una nuova luce: oltre a far crollare il pregiudizio secondo cui i grassi animali costituiscono un rischio per la salute, ha dimostrato chiaramente che non sono meno preziosi dei grassi vegetali. La carne e i grassi animali hanno di diritto un posto in un’alimentazione sana, poiché contengono sali minerali, vitamine e acidi grassi essenziali in quantità bilanciate. L’analisi presentata il 29 agosto dai ricercatori canadesi che hanno condotto lo studio PURE (Prospective Urban-Rural Epidemiology), al congresso europeo di cardiologia di Barcellona, getta uno sguardo nuovo ed esaustivo sui grassi nella carne e nei prodotti a base di carne. Basandosi su fatti scientifici attuali, intende dare nuovo impulso al dibattito sul grasso nell’alimentazione umana. L’importanza dei grassi dal punto di vista salutare e fisiologico deriva dal loro elevato potere calorico. Ogni grammo di grasso sviluppa un potere calorico di 9 chilocalorie o di 37 chilojoule, il che fa del grasso, in assoluto, il componente di base più energetico presente negli alimenti. Il valore calorico dei carboidrati o delle proteine, pari a 17 chilojoule per grammo, è più basso di circa la metà.

A cosa servono i grassi
Il corpo umano utilizza i grassi come riserve energetiche di lunga durata (grasso di deposito), alle quali può attingere in caso di necessità. Inoltre, il grasso è importante per l’assorbimento di diverse vitamine liposolubili (A, D, E, K). Il nostro organismo, tuttavia, necessita del grasso anche per la sua funzione di “cuscinetto”, per proteggere organi come ad esempio i reni e isolare il corpo.

I grassi producono un naturale senso di sazietà. Sono indispensabili per la funzione di ormoni ed enzimi e limitano le oscillazioni della glicemia. Il cervello stesso ha bisogno di grassi di qualità. Gli organismi animali, e anche l’essere umano, possono sintetizzare autonomamente gli acidi grassi, tuttavia non tutti gli acidi grassi polinsaturi.

Il grasso nella carne
Nella carne, il grasso si presenta in diverse forme: lo troviamo come tessuto sottocutaneo (grasso sottocutaneo) o come grasso viscerale, come grasso di deposito ben visibile fra i muscoli (intermuscolare) o come marmorizzazione riconoscibile nel muscolo stesso (intramuscolare). Contrariamente a quanto si pensa, il tenore di grasso nella carne e nei prodotti a base di carne non è sostanzialmente elevato. Come per molti altri alimenti, anche per la carne e i prodotti a base di carne occorre distinguere fra le varianti magre e quelle più ricche di grassi. Mentre, nella carne, il tenore di grasso può essere spesso valutato con un semplice esame visivo, nella maggior parte dei prodotti a base di carne questo risulta difficile.

La banca dati dei valori nutritivi dell’Ufficio federale della sicurezza alimentare e di veterinaria (USAV) mostra come il tenore totale di grasso della carne e dei prodotti a base di carne possa variare sensibilmente da un alimento all’altro.

Ad esempio, la percentuale di grasso di 100 grammi di carne di vitello sminuzzata cruda è pari ad appena 1,1 grammi, mentre in 100 grammi di Pantli (salsiccia cruda) questa quantità sale a 50 grammi. Nella carne fresca, oggi il tenore di grasso è generalmente inferiore al 20 percento del peso totale. Questo perché, negli ultimi anni, l’allevamento, il foraggiamento e la gestione del bestiame sono stati concepiti nell’ottica di un tenore di grasso ottimale. Inoltre, oggigiorno, una buona parte del grasso, perlopiù intermuscolare, viene tagliato, prima che il prodotto venga messo in vendita. I normali tagli di fettine e pezzi d’arrosto presentano generalmente un tenore di grasso inferiore al 5 percento.

Nei prodotti a base di carne, la percentuale di grasso può arrivare fino al 50 percento del peso, laddove anche in questo segmento si osservano tuttavia forti variazioni. Ad esempio, il tenore di grasso del Mostbröckli è inferiore a quello della maggior parte dei tagli di carne fresca.

La differenza tra i grassi saturi e i grassi trans
I grassi saturi provengono principalmente da prodotti di origine animale, come burro, latte vaccino, carne, salmone e tuorli d’uovo, e alcuni prodotti vegetali, come il burro di cacao e l’olio di palma.

I grassi insaturi trans (grassi trans) sono principalmente prodotti industrialmente da oli vegetali con un processo noto come idrogenazione e si trovano nella margarina, nelle merendine e nei prodotti da forno confezionati.

Una revisione degli studi finora pubblicati, ha evidenziato che i grassi trans sono associati a un maggiore rischio di morte e di malattia coronarica, ma i grassi saturi non sono associati a un aumentato rischio di morte, malattie cardiache, ictus, o diabete di tipo 2. I risultati sono stati pubblicati dal British Medical Journal (BMJ) da Russell de Souza, del Department of Clinical Epidemiology and Biostatistics, che ha lavorato con Michael G. DeGroote della School of Medicine McMaster University, UK.

Le attuali linee guida raccomandano un apporto quotidiano di grassi saturi inferiore al 10%, e di grassi trans a meno dell’1%, per ridurre il rischio di malattie cardiache e ictus.

Però, revisionando i dati disponibili, si è visto che l’assunzione di grassi saturi, al contrario di quanto raccomandato finora, non è legata all’aumento di malattie cardiovascolari, anzi la ricerca suggerisce che sono i grassi trans da trasformazioni industriali che possono aumentare il rischio di malattia coronarica.

Quindi questi grassi sono assolti perché il fatto non sussiste: i grassi saturi di formaggi, uova e bistecche escono finalmente dalla lista degli imputati accusati di nuocere alla salute del nostro cuore. Rimangono invece forti indizi di colpevolezza a carico dei grassi idrogenati transcontenuti nella margarina, negli snack, nei prodotti da forno e nei dolci industriali.

Giorgio Calabrese
Presidente Comitato scientifico COSNALA

In crescita i consigli dietetici del Signor Secondo Me. Ma la Nutrizione non è tema da bar

20 Jul 2017 no comments Carlo Gaudio

Nutrizionisti e alimentaristi, e più in generale medici e professori, sono sempre più scoraggiati di fronte al dilagare di esperti improvvisati. Contrastare le fake news dei tuttologi e ristabilire la verità scientifica è tanto importante quanto urgente.

Nel numero di maggio 2017 del New England Journal of Medicine (NEJM), rivista medico-scientifica con il più elevato Impact Factor al mondo, la cardiologa Lisa Rosenbaum scrive: “Tutti i medici incontrano pazienti che esprimono preferenze per terapie non EBM (non “Evidence Based Medicine”, cioè terapie empiriche, non convenzionali): cibo organico per le coronaropatie, detossificazione purificatrice contro il cancro, solo per fare alcuni esempi. Io non ho una vera e propria risposta, ma a ognuno di questi, offro fatti e, se avverto che non ne vengo fuori, aggiungo altri fatti, poi mi accorgo che mi devo arrendere”.

Così, e ancor di più, avviene nell’ambito della dietologia e nutrizione, un vero e proprio campo minato dove ormai le discussioni, a volte anche molto accese, sono all’ordine del giorno. Ognuno dice la sua, senza citare fonti o articoli scientifici.

Viviamo pienamente nell’era del “Secondo me, nella quale dobbiamo assistere inermi a un fenomeno: ci sono persone che la pensano in modo palesemente errato e non hanno la minima idea di mettere in discussione le proprie certezze. Siamo testimoni di un continuo (e pericoloso) spostamento progressivo dell’asticella verso il basso: dallo scetticismo si passa all’opinione personale, fino alle fake-news che noi preferiamo continuare a chiamare semplicemente “balle”.

La dottoressa Rosenbaum, evidentemente logorata da questa tendenza, si spinge ad affermare, sconsolata, che “la scienza in quanto tale potrebbe francamente essere soppressa”. Il problema, dunque, non è più trascurabile. Va affrontato e diventa, a nostro avviso, una questione squisitamente culturale. Se, come la Rosenbaum, grandi studiosi paventano una caduta di credibilità delle evidenze scientifiche; se, dietro ogni seria problematica, si avanzano sospetti di manovre della Big Pharma, della cyber-pirateria e dei complotti cinesi che hanno scavalcato quelli delle multinazionali, allora bisogna reagire e ristabilire qualche punto fermo.

 

Lasciamo parlare i numeri
Il rapporto GIMBE 2017 ci dice che in Italia la spesa pro capite per “farmaci” che non hanno evidenza scientifica è in crescita e si assesta complessivamente su circa 3 miliardi e mezzo di euro all’anno. Per non parlare dei 7 miliardi di euro relativi a esami giudicati inutili, per un totale di oltre 10 miliardi di euro. Assistiamo, dunque, a una richiesta crescente di salute e a un parallelo screditamento della scienza che viene chiamata “ufficiale”, in senso dispregiativo.

La scienza e la medicina non ufficiali ci propongono cure alternative, integratori, prodotti omeopatici, diete (spesso privative), che aumentano i costi, ma che sono “sicuri, naturali senza effetti collaterali!”. Mentre per la scienza ufficiale il veicolo sono le riviste specializzate in lingua inglese, quella alternativa comunica attraverso il web e i social media, ma anche grazie a begli opuscoli in italiano, ben illustrati con fumetti colorati, che vengono diffusi nelle sedi di dibattito, meglio se televisivo e condotto da un “non addetto ai lavori”.

Il problema è che, per “bilanciare” le affermazioni di alcuni imbonitori, vengono chiamati esperti qualificati, professori con decenni di studi e ricerche alle spalle. Ne risulta un confronto sbagliato in partenza. Se si dibatte di Medicina, si dovrebbero chiamare soltanto medici, di Fisica solo fisici e così via. Non è normale un dibattito medico tra un professionista della salute e un profano.
Ma questo succede sempre più spesso e sono proprio i profani (sovente in malafede) a cercare questi confronti. Per loro, infatti, è comunque una promozione da tutti i punti di vista: professionale, perché vengono messi sullo stesso piano del “professore”; commerciale, perché si fanno pubblicità di fronte a una platea vasta ed eterogenea. Guarda caso, hanno quasi sempre un libro da vendere o uno studio da riempire con clienti tanto fiduciosi quanto acritici.

 

Qual è l’impatto delle balle sul grande pubblico?
Il problema è che l’imbonitore di turno mette in campo tutte le sue arti di persuasione: è abituato a parlare di tutto e a vanvera senza alcune remora, con un eloquio fluido e sovrabbondante di secondo me”. Sciorina con sicurezza una serie di dati inverificabili e, non di rado, sembra prevalere nel confronto con il vero esperto. Il pubblico infatti, disorientato, non capisce la differenza tra le argomentazioni e spesso parteggia per l’imbonitore. Perché? Qual è il suo stile ammaliatore? L’imbonitore “spara” certezze (“…con la mia cura guarisco il 100% dei pazienti!”), laddove il medico onesto sa che la medicina non fa miracoli e ritiene che correttezza, cautela e verità siano patente di serietà e rigore scientifico. Ma questo atteggiamento non paga.

 

Come sconfiggere il Signor “secondo me”?
Premesso che oggi non è pensabile ritirarsi e abbandonare il campo lasciandolo agli impostori, si suggeriscono tre regole pratiche di comportamento per medici, professori e scienziati,

  1. Prima di partecipare ai dibattiti pubblici e mediatici sarebbe utile fare qualche breve corso di comunicazione. La comunicazione verbale e non verbale è infatti importantissima sia per non apparire impacciati e insicuri, sia per comunicare con chiarezza ed efficacia il proprio messaggio, senza perdersi nei tecnicismi e nel gergo specialistico.
  2. Scegliere di partecipare soltanto a quelle trasmissioni o programmi dove anche il moderatore è un professionista e un conoscitore delle problematiche trattate.
  3. Abituarsi a esporre concetti semplici e comprensibili da tutti. Divulgare (il termine contiene la parola latina “vulgus”: popolo, gente comune) vuol dire “farsi capire”, risultare comprensibile a chi ha una cultura scientifica medio-bassa. Questo non significa rinunciare a citare le fonti accreditate e gli studi scientifici più aggiornati, ma semplificare il proprio pensiero con poche e chiare parole dirette al grande pubblico. Terminando con un messaggio finale chiaro ed efficace, il cosiddetto “take-home message”, il messaggio da portare a casa (per esempio: “La carne rossa non fa venire il cancro se presente nella nostra alimentazione nelle giuste quantità, due volte a settimana!”).

Piccoli accorgimenti che eviteranno di veder trasformati i dibattiti su aspetti seri e importanti della nostra salute, in scontri da bar dello stadio (ricordate le risse verbali e non della trasmissione “Il Processo del lunedì”, nella quale la discussione immediatamente trascendeva e ciascuno rimaneva della propria opinione, tanto, alla fine “la palla è rotonda”?) dove tutti si sentono allenatori della nazionale di calcio e il “Secondo me” impéra incontrastato.

 

Carlo Gaudio
Comitato scientifico COSNALA

Mangiare salumi, evitare gli eccessi

05 Jul 2017 no comments Redazione

Gli italiani sanno mangiare e sono virtuosi nel consumo dei salumi. Lo dicono i risultati di una ricerca del Censis

I salumi piacciono agli italiani, ma vengono consumati con (giusta) moderazione. Lo dicono i risultati di una ricerca del Censis presentati nel corso dell’Assemblea annuale del 2017 di Assica (Associazione Industriali delle Carni e dei Salumi): circa il 96% degli italiani mangia salumi; di questi circa il 60% li mangia più volte la settimana e circa il 36% qualche volta al mese. Quindi soltanto il 4% circa degli italiani non mangia mai salumi.

Questi dati ci portano a due considerazioni importanti: sulla quantità consumata e sul numero di persone che scelgono una dieta onnivora.

  • In merito alla quantità consumata, l’Italia si colloca al 16° posto in Europa con circa 20 kg pro-capite all’anno. In questa speciale classifica a primeggiare è Cipro seguita da Regno Unito, Danimarca, Germania, Spagna e via via tutti gli altri.Quindi, nonostante il fatto che i salumi facciano parte della nostra tradizione, ci comportiamo in modo virtuoso ed evitiamo gli eccessi.
  • Seconda considerazione è che, dai dati contenuti nella ricerca, sembrerebbe che il numero dei vegetariani e dei vegani nel nostro Paese non sia particolarmente elevato.

C’è poi da fare una considerazione a un tema molto sentito da tutti, ovvero il pericolo della concerogenicità dei salumi: le modeste quantità che consumiamo avvalorano i dati ottenuti dal team dell’Università di Milano che, recentemente, ha dimostrato che in Italia non esiste correlazione tra alcuni tumori e consumo di salumi. Questo dato è particolarmente importante se confrontato con studi condotti in Paesi dove esiste un elevato consumo di salumi e carni rosse e dove è, invece, dimostrata una correlazione con l’aumento di incidenza di tumori.

Per concludere…
Insomma, vale la solita regola generale dell’equilibrio che può essere applicata a tutto. Nello specifico, non sono i salumi a fare male, ma le quantità in eccesso che se ne consumano. Possiamo, dunque, continuare a mangiare tranquillamente i salumi, ma dobbiamo (come già stiamo facendo) evitare gli eccessi.

Agostino Macrì
Comitato scientifico COSNALA

La filiera della carne rossa

05 Jul 2017 no comments Agostino Macrì

Molti parlano di carne rossa, ma non tutti conoscono la “filiera”, ovvero la catena produttiva che fa arrivare le bistecche sulle nostre tavole

Non basta dire bistecca quando si parla di carne rossa. Per sapere davvero quel che si mette nei nostri piatti è necessario conoscere ciò che sta a monte della fettina di carne che mangiamo; significa capire meglio la catena produttiva della carne, a partire dalle diverse tipologie di allevamento per ottenere un prodotto buono e sano.

Gli allevamenti sono organizzati in modo diverso in funzione del tipo di carne che si vuole ottenere. i requisiti necessari per ottenere le migliori produzioni sono:

  • scelta della razza da allevare;
  • rispetto della salute e del benessere degli animali;
  • stabulazione che rispetta le esigenze fisiologiche degli animali;
  • alimentazione equilibrata del bestiame.

Le razze degli animali
Tra le varie razze bovine esistono notevoli differenze morfologiche. Quelle da carne hanno masse muscolari possenti; quelle da latte sono più “esili” e le femmine hanno mammelle molto sviluppate.
Entrambe sono, comunque, utilizzate per la produzione di carne che, in base al sesso e all’età dell’animale, avrà caratteristiche merceologiche diverse.
Facciamo qualche esempio: la carne di vitello si ottiene da animali di 6-7 mesi; il vitellone è un maschio “intero” la cui età di macellazione varia dai 14 ai 18 mesi; il manzo può raggiungere i 22 mesi; il bue è un animale castrato che può arrivare ai 4 anni; le scottone sono femmine da 14 a 18 mesi che non hanno mai partorito; infine le “vacche” che possono anche essere più “anziane” e hanno smesso di produrre latte.

Salute e benessere degli animali
Per salvaguardare la salute e il benessere degli animali si applicano misure preventive sia attraverso il rispetto delle condizioni igieniche degli allevamenti, sia con interventi vaccinali contro alcune malattie infettive.
Gli animali degli allevamenti sono costantemente monitorati per accertare la loro salute; in caso di comparsa di malattie particolarmente pericolose si può giungere anche all’abbattimento e alla distruzione di tutti gli animali presenti nel focolaio di infezione (afta epizootica, per esempio). Nel caso di malattie che non presentano rischi di ampia diffusione (ad esempio, malattie respiratorie o gastrointestinali), si procede con la cura che consiste in interventi terapeutici sotto rigoroso controllo dei medici-veterinari.

Allevamento in stalla o in libertà
Le forme di stabulazione sono molto importanti per favorire lo sviluppo corporeo degli animali. In alcuni casi, come nell’allevamento del vitello, gli animali sono tenuti al coperto, in stalle climatizzate. Per altri tipi di bestiame, il soggiorno nelle stalle viene alternato alla vita “libera” e ci sono ancora animali che vivono costantemente nei pascoli.
Ogni tipo di allevamento ha i suoi vantaggi e svantaggi. Nell’allevamento in stalla, con minore possibilità di movimento, l’animale ha anche un minore dispendio energetico e tende a ingrassare più velocemente; però, servono maggiori accortezze soprattutto nel garantire l’igiene.
Solitamente, il momento critico per il benessere degli animali è rappresentato dalla macellazione. Rispetto al passato, però, sono state introdotte tecniche che provocano in modo istantaneo una totale perdita di coscienza e capacità di percepire il dolore.

Alimentazione equilibrata del bestiame
I bovini, come tutti i ruminanti, si alimentano con vegetali che trovano al pascolo. Nelle forme di allevamento tradizionale, oltre ai foraggi freschi, vengono anche somministrati foraggi conservati (fieni e insilati). Per favorire i complessi meccanismi digestivi del bestiame. Oggi sono state studiate e introdotte nell’alimentazione delle forme di “integrazione” con cereali e leguminose che facilitano l‘assimilazione dei nutrienti.

Agostino Macrì
Comitato scientifico COSNALA

 

 

Spiedini al forno con peperoni, salsiccia, olive nere

26 Jun 2017 no comments Redazione

ingredienti per 4 persone

  • 400 g di salsicce
  • 50 g di olive nere al forno
  • 1 peperone giallo
  • Olio extravergine d’oliva
  • Sale
  • Pepe
  • Insalata da taglio per servire
  1. Preriscaldare il forno a 220 °C.
  2. Lavare e mandare i peperoni , poi tagliarli prima a falde e poi in pezzi.
  3. Sistemare i peperoni, insieme alle olive, in una ciotola, e condire con olio, sale e pepe a piacere.
  4. Tagliare le salsicce a fette di 2-3 cm.
  5. Montare gli spiedini alternando la salsiccia, i peperoni e le olive e sistemarli in una teglia rettangolare a bordi alti poggiandoli da lato a lato in modo che non tocchino sul fondo.
  6. Spennellare con l’olio rimasto nella ciotola e cuocere per 15 minuti girandoli a metà cottura.

Saltimbocca alla romana

26 Jun 2017 no comments Redazione

ingredienti per 4 persone

  • 8 fettine di vitello da 50 grammi l’una
  • 8 fette di prosciutto crudo
  • 8 foglie di salvia
  • 2 cucchiai di olio extravergine d’oliva
  • 20 g di burro
  • 100 ml di vino bianco
  • Farina di tipo 0
  1. Appoggiare su ogni fettina di carne una fetta di prosciutto e una foglia di salvia, fermando ciascuna foglia con uno stuzzicadenti.
  2. Infarinare leggermente premendo con le mani le fettine in un piatto contenente un po’ di farina.
  3. In una padella scaldare l’olio e il burro, adagiarvi le fettine di carne con il lato del prosciutto verso il basso.
  4. Cuocere a fuoco moderato per 2-3 minuti o fino a leggera doratura, poi girare le fettine e cuocere dall’altro lato.
  5. Trasferirle in un piatto e tenere da parte al caldo.
  6. Nella padella di cottura versare il vino bianco e far sfumare lasciando che il fondo di cottura si addensi per uno o due minuti.
  7. Servire la carne irrorata con il sugo del fondo di cottura.

Note

I saltimbocca sono un secondo piatto tipico della cucina laziale: si tratta di una sorta di involtini di carne aperti e farciti con prosciutto crudo e una foglia di salvia.

Si chiamano saltimbocca per la dimensione ridotta delle fettine di carne, assimilabili ad un unico boccone.

Le fettine sono in genere di vitello e per ottenerle il peso ideale, ovvero circa 50 grammi (ma anche un po’ meno secondo i gusti), si possono tagliare in più parti le fettine fatte preparate dal macellaio.

I saltimbocca alla romana sono una ricetta veloce e molto semplice da realizzare, ma allo stesso tempo sfiziosa e molto saporita, buona a tal punto da diventare un vanto della cucina italiana.

La carne di vitello è più morbida della carne del manzo adulto in quanto meno fibrosa e meno ricca di tessuto connettivo e di sapore: in generale infatti gli animali più giovani sono più teneri ma meno saporiti degli animali più vecchi: questo perché l’utilizzo del muscolo ne aumenta il tessuto connettivo e la sapidità

Questi fattori possono dipendere non solo dall’età, ma anche dalla vita dell’animale: un animale allo stato selvatico, come il cervo o il capriolo, ha una carne più saporita ma anche meno tenera di un animale di allevamento, e lo stesso si può dire, nello stesso animale, ma rispetto ad alcuni muscoli più o meno utilizzati.

Per questo motivo i tagli di carne si differenziano per sapidità e tenerezza e, conseguentemente, per tipi di cottura maggiormente adatti al loro consumo.

L’utilizzo della carne di vitello si presta molto bene per questa ricetta perché, se da un lato è molto tenera, dall’altro, la sua “carenza” in sapore è compensata dall’accoppiamento con la fettina di prosciutto crudo.

Involtini di bresaola

26 Jun 2017 no comments Redazione

ingredienti per 4 persone (20-24 involtini)

  • 100 g di bresaola tagliata a fette sottili (20-24 fette)
  • 100 g di prugne denocciolate
  • 300 g di formaggio fresco spalmabile
  • Sale (facoltativo)
  • Aceto balsamico o crema di aceto balsamico
  • Semi di papavero
  • Spinacino in foglia per servire
  • Olio extravergine d’oliva
  1. Tagliare le prugne in piccoli pezzi e trasferirle in una ciotola.
  2. Aggiungere il formaggio spalmabile e un pizzico di sale a piacere, e mescolare con un cucchiaio fino a che le prugne non sono ben amalgamate.
  3. Disporre le fette di bresaola su un tagliere e distribuire al centro di ognuna un cucchiaio non troppo abbondante di ripieno alle prugne.
  4. Arrotolare la fetta di bresaola in modo da formare un involtino dello spessore di circa 1,5 cm.
  5. Servire con un filo di crema di aceto balsamico (o aceto balsamico), le foglie di spinacino e i semi di papavero.

Insalata di grano saraceno, melone, rucola e prosciutto crudo

26 Jun 2017 no comments Redazione

ingredienti per 4 persone

  • 250 g di grano saraceno
  • 100 g di rucola
  • ½ melone retato
  • 80 gr di prosciutto crudo a fettine sottili
  • Semi di sesamo, zucca, papavero e girasole
  • Olio extravergine d’oliva
  • Sale
  1. Lavare i chicchi di grano saraceno sotto l’acqua corrente e scolare bene.
  2. Cuocerli in acqua leggermente salata per 20-30 minuti e scolare al dente.
  3. Trasferire in una insalatiera, condire con un filo d’olio e mescolare con un cucchiaio di legno.
  4. Nel frattempo mondare e tagliare il melone a pezzetti o ricavarne delle palline con uno scavino e aggiungerli all’insalata.
  5. Tagliare il prosciutto a listarelle e aggiungerlo all’insalata.
  6. Lavare e spezzare la rucola con le mani (se occorre) e aggiungerla all’insalata.
  7. Condire con un pizzico di sale, un filo di olio extravergine d’oliva e i semini a piacere.
  8. Mescolare e servire subito.

Ragù di carne

26 Jun 2017 no comments Redazione

 

Ingredienti per 6 persone (per circa 800g di sugo)

  • 300 g di carne macinata di manzo
  • 200 g di carne macinata di maiale
  • 100 g di salsiccia
  • 1 cipolla
  • 2 carote piccole o una grande
  • 2 coste di sedano
  • 2 o 4 foglie di alloro
  • ½ bicchiere di vino (bianco, o rosso)
  • 100 g di concentrato di pomodoro
  • 50 g di acqua calda
  • Circa un litro di brodo di carne caldo
  • Olio extravergine d’oliva
  • Sale
  • Pepe
  1. Pelare le carote, tagliarle a pezzettini piccoli e tenere da parte.
  2. Preparare un trito non troppo sottile di cipolla e sedano, e soffriggerlo in olio extravergine d’oliva insieme alle foglie di alloro in un tegame ampio e basso.
  3. Aggiungere subito dopo le carote e proseguire le cottura a pentola scoperta e fuoco molto basso in modo da stufare gli odori senza farli caramellizzare (intorno ai 30 minuti).
  4. Le verdure dovranno diventare morbide e appena dorate; a questo punto creare uno spazio al centro della pentola, aggiungere un filo d’olio se occorre, alzare la fiamma e unire la carne, mescolandola e spezzandola ulteriormente con un cucchiaio di legno.
  5. Far rosolare bene la carne per 10-12 minuti prestando attenzione al soffritto (che non deve bruciare, mentre la carne deve rosolare), non allontanandosi dalla postazione, monitorando il sugo e mescolando di tanto in tanto gli ingredienti tra loro.
  6. Aggiungere il vino e lasciare sfumare.
  7. Diluire il concentrato di pomodoro in 50 gr di acqua calda e unire alla carne, che ormai dovrà essere perfettamente dorata.
  8. A questo punto abbassare la fiamma al minimo e coprire con un coperchio, ma non completamente (in modo da lasciare uno spiraglio che consenta al vapore di uscire durante la cottura). Far sobbollire il sugo molto lentamente per almeno due ore, bagnando di tanto in tanto con il brodo caldo di carne e rimescolando con un cucchiaio di legno in modo che non si attacchi al fondo della pentola.
  9. In ultimo regolare di sale e di pepe (solo se occorre), spegnere il fuoco e lasciar riposare.

 

Il ragù di carne: soffriggere, rosolare, cuocere lentamente.

Per ottenere un buon ragù è importante porre attenzione alle tre fasi principali della sua cottura, ovvero soffriggere gli odori con molta attenzione e avendo cura di non bruciarli (a fiamma bassa), rosolare alla perfezione la carne (a fiamma alta, per favorire la reazione di Maillard), e proseguire la cottura lentamente e a lungo, per sciogliere il collagene della carne (a fiamma bassa).

Per evitare che il soffritto di odori si bruci nel momento in cui viene aggiunta la carne (che per dorare bene ha bisogno di una temperatura più alta), si possono avere due tipi di accortezze:

  1. Come indicato nella ricetta, nel momento in cui nella padella viene alzata la temperatura ed introdotta la carne, si può temporaneamente “fare spazio” a quest’ultima nel punto più caldo della padella e farla rosolare lì, mescolandola dopo qualche minuto al soffritto e, sempre a fuoco alto, mescolando il tutto di tanto in tanto per tutta questa fase di cottura.
  2. In alternativa, una volta rosolato il soffritto, lo si può spostare in un recipiente e tenere al caldo, e nella sua padella, aggiungendo poco olio extravergine d’oliva se occorre, rosolare la carne fino a doratura, e poi, sempre a fuoco alto e mescolando, aggiungere il soffritto tenuto da parte, facendo cuocere il tutto ancora per qualche minuto prima di aggiungere il resto degli ingredienti e proseguire la cottura a fuoco bassissimo.

Fegato alla veneziana

22 Jun 2017 no comments Redazione

 

Ingredienti per 4 persone

  • 400-500 gr fegato di vitello
  • 3-4 cipolle dorate
  • 60 gr burro
  • Prezzemolo
  1. Mondare e affettare le cipolle e tagliare le fettine di fegato in strisce larghe un paio di centimetri.
  2. In un’ampia padella far sciogliere dolcemente 40 grammi di burro, e far dorare dolcemente le cipolle, monitorandone la cottura e mescolando di tanto intanto con un cucchiaio di legno. Occorreranno dai 10 ai 15 minuti. Aggiustare di sale e tenere al caldo.
  3. A parte, in un’ampia padella o in un wok, far sciogliere il burro e rosolarvi il fegato precedentemente tagliato facendolo saltare continuamente e facendo attenzione a non farlo indurire (per la cottura bastano pochi minuti).
  4. A questo punto salare poco e pepare, poi versare le cipolle nella padella del fegato, mescolare a piacere e servire immediatamente con il prezzemolo tritato.

Le qualità nutrizionali del fegato di vitello
Il fegato di vitello è un alimento appartenente al gruppo delle frattaglie.

È una delle fonti alimentari più ricche dal punto di vista nutrizionale, in particolare per le ottime concentrazioni di vitamine (specialmente vitamina B9 e vitamina B12), ferro e altri sali minerali come rame e selenio.

Si tratta dunque un alimento molto indicato nei casi di anemia e nell’alimentazione di tutti i soggetti sani (nonché delle donne in gravidanza), Tuttavia, a causa dell’alta concentrazione di colesterolo che lo caratterizza, il suo consumo va moderato o regolato nei casi di sovrappeso, ipercolesterolemia, iperuricemia e gotta.

I nutrienti del fegato di vitello

I nutrienti, nel dettaglio, sono i seguenti.

Proteine
Il fegato è ricchissimo di tutti gli amminoacidi essenziali (anche più della carne rossa in generale): costituisce infatti un’eccellente fonte di proteine ad alto valore biologico (Acido Glutammico, Acido Aspartico, Leucina e Lisina);

Vitamine
Il fegato possiede importanti scorte di vitamine, sia idrosolubili che liposolubili, in particolare:

  • retinolo (vitamina A);
  • acido ascorbico (vitamina C), che tra gli alimenti di origine animale è presente solo nel fegato;
  • tiamina (vitamina B1);
  • riboflavina (vitamina B2);
  • folacina (vitamina B9) o acido folico (prerogativa di alimenti di origine vegetale, presente in quelli di origine animale solo in alcune frattaglie);
  • cobalamina (vitamina B12) prerogativa di alimenti di origine animale essenziale per lo sviluppo del feto;
  • calciferolo (vitamina D) assente o carente in quasi tutti gli alimenti e sintetizzata in prevalenza dall’organismo;
  • niacina (vitamina PP).

Sali Minerali
Importanti concentrazioni di ferro di tipo eme (quindi altamente biodisponibile), rame, selenio e molibdeno.

Carboidrati
Il fegato è un organo regolatore della glicemia, quindi svolge un’ottima funzione di stoccaggio per il glicogeno: paragonato agli altri alimenti di origine animale, che ne sono pressoché privi. Il fegato fresco è dunque ricco di zuccheri.

Grassi
Il fegato svolge una funzione importante anche nella sintesi lipidica, quindi, come alimento, può risultare eccessivamente ricco di trigliceridi ma solo nel caso in cui l’animale subisca un’alimentazione forzata (come nel caso del fegato grasso d’oca); le concentrazioni di colesterolo sono piuttosto elevate anche nell’animale magro.

 

Accortezze nella consumazione e conservazione del fegato di vitello
È assolutamente importante avere garanzia di una ottimale conservazione del prodotto: deve essere acquistato freschissimo e conservato in frigo, al massimo per un giorno, avvolto in carta per alimenti.