Risposte dagli Esperti

  • Al contrario, la carne presenta molti benefici: è ricca di proteine di facile assorbimento e di elevato valore biologico; è ricca di creatina, che stimola sia l'aumento di energia dell'organismo, sia della massa muscolare; è ricca di CLA (acido linoleico coniugato), un acido che favorisce l'aumento di massa muscolare e la perdita di grasso. Contiene vari minerali e in particolare ferro, sodio, potassio e zinco. Contiene anche grassi saturi, presenti in qualità e quantità variabile a seconda dell'età, della specie, della parte anatomica e dello stato di ingrassamento dell'animale.
  • Assolutamente no, come dimostrato da una ricerca dell’università della Pennsylvania pubblicata sull’American Journal of Clinical Nutrition che dimostra come un incremento dell’apporto di carne di manzo non modifichi in peggio il rischio cardiovascolare e consenta comunque di ridurre il colesterolo. L’importante è privare la carne rossa del grasso e consumarla con moderazione. Ovviamente la carne deve essere inserita all’interno di una dieta varia dove non devono mancare i carboidrati, la frutta e le verdure e anche le proteine. Inserire carne rossa in una dieta del genere non è un pericolo per la nostra salute e non aumenta il rischio cardiovascolare.
  • In generale nessuna patologia è causata soltanto dal consumo di carne rossa. Nello specifico, l’infarto del miocardio è una patologia legata a molteplici fattori di rischio, anche di ordine familiare-ereditario. Certo, se si seguono diete eccessivamente ricche di proteine animali, soprattutto carni rosse e lavorate, si ha un maggior rischio di sviluppare patologie come diabete, infarto e problemi cardiovascolari, obesità e cancro. Ma non dimentichiamoci che “è la quantità che fa il veleno” e un consumo equilibrato di carne rossa (2-3 volte; 200-500g nei 14 pasti principali a settimana) è assolutamente accettabile e salutare per via dell’apporto di nutrienti preziosi (proteine nobili, vitamina B12 e ferro). Per le carni rosse lavorate il consumo consigliato è di 1-2 volte a settimana in dosi moderate (100-300g).
  • Solo l’eccesso di consumo può aumentare la probabilità di eventi cardiovascolari. Un consumo moderato di salumi, insaccati e carni trattate, specie se si scelgono quelli a più basso contenuto di grassi e di sale, è da ritenersi compatibile con un’alimentazione sana ed equilibrata. Va detto, inoltre, che oggi i salumi in Italia tendono a ridurre il contenuto lipidico e sodico e che il contenuto in acidi grassi saturi si è ridotto notevolmente, fino a quasi il 40%, con un miglior equilibrio tra grassi saturi e insaturi. Il consiglio è di consumarli 1-2 volte a settimana (100-300g).
  • Gli studi in merito fatti negli ultimi anni non hanno permesso di identificare legami certi tra consumo di carni rosse e tumori. Molto sembra dipendere da come sono cucinate, oltre che dalla quantità consumata.
  • Anche se alcuni ricercatori si sono occupati del tema, per ora è impossibile stabilirlo con certezza. Non è nemmeno possibile dire se ci siano carni lavorate più sicure in base al metodo in cui vengono preparate e conservate.
  • Non è vero. È una semplificazione dei media dovuta in parte sulla base dei sistemi di classificazione della IARC non così immediati da comprendere.
  • È impossibile dirlo: al di là delle possibili motivazioni etiche, una dieta senza carne ha vantaggi e svantaggi rispetto a una classica dieta che non esclude alcun alimento. Ci sono diversi studi sugli effetti di una dieta vegetariana sull’organismo, ma fare un confronto diretto tra la salute di chi mangia carne e di chi la evita è praticamente impossibile per il numero di variabili in gioco: stili di vita, ambiente, predisposizioni genetiche ed età in cui si è iniziata la dieta vegetariana.
  • Certamente no. La salute e l’efficienza dell’uomo dipendono in gran parte dall’alimentazione. Mangiare troppo e in maniera non corretta può causare sovrappeso, ipercolesterolemia, ipertensione arteriosa, diabete, e quindi aumentare il rischio di malattie cardiovascolari, diabete e tumori. L’ampia varietà di cibi di origine animale e vegetale costituisce il fondamento di un’alimentazione sana e bilanciata che preserva la salute del nostro cuore e del nostro organismo.
  • La cottura ad alta temperatura in generale, come in padella o a diretto contatto con la fiamma (barbecue), è nota per produrre alcuni agenti chimici cancerogeni. La IARC non ha però trovato dati sufficienti per concludere se ci sia un modo più sano di un altro di cuocere la carne, così come non ne ha trovati su eventuali minori rischi legati al consumo di carne cruda.
  • Di solito, dopo aver passato tutto il giorno fuori casa, siamo affamati. Abbiamo voglia di prepararci un bel piatto di qualcosa che ci lasci sazi e contenti. La carne rossa, però, non è adatta per la cena perché ricca di proteine, che sono difficili da digerire e mantengono lo stomaco attivo per diverse ore durante la notte. Se si vuole mangiare carne per cena, meglio scegliere il petto di tacchino cucinato alla piastra.
  • In Italia è attivo dal 2010 il “Piano nazionale per il benessere animale” (PNBA), che definisce le modalità di esecuzione, il numero e la programmazione dei controlli da parte delle Autorità Sanitarie competenti. Il piano ha l’obiettivo di verificare l’applicazione delle norme nazionali e comunitarie in materia di benessere animale e la formazione dei medici veterinari e degli allevatori. Inoltre il nostro ordinamento, ampliando quanto previsto dalle norme comunitarie, prevede il reato penale per il maltrattamento degli animali e rende potenzialmente sanzionabile qualsiasi atto che comporti una sofferenza ingiustificata all’animale.
  • Le regole sulla macellazione degli animali prevedono uno stordimento che di fatto annulla le sofferenze degli animali. Le tecniche attualmente utilizzate sono il frutto di ricerche scientifiche.
  • L’alimentazione dei bovini si basa su foraggi freschi o conservati (fieni e insilati) che non sono commestibili per l’uomo. Una corretta utilizzazione del letame comporta vantaggi importanti per l’agricoltura.
  • Gli elementi che rendono la carne un alimento insostituibile nel processo di crescita del bambino sono rappresentati dall’apporto di proteine animali, ferro, vitamina B12, manganese, iodio, zinco e selenio. Anche l’apporto proteico della carne è fondamentale. È vero che nel latte si trova una buona fonte di proteine, ma non può sostituire quello derivato dalla carne. Il latte materno, infatti, è in grado di supportare il lattante solo per i primi sei mesi di vita, mentre il latte di formula (latte in polvere) o il latte vaccino non contengono un apporto sufficiente di proteine. Un altro elemento particolare che caratterizza la carne è la presenza del ferro, le cui riserve si esauriscono nei primi sei mesi di vita e devono essere reintegrate. Secondo ESPGHAN (The European Society for Paediatric Gastroenterology Hepatology and Nutrition), l’apporto dovrebbe essere tra 0,9 e 1,3 mg/kg/die e, in assenza di un adeguato consumo di carne rossa nella dieta quotidiana del bambino, tale “dose” è raggiungibile solo con integratori. Un altro studio ha evidenziato come la carne ha un effetto cinque volte maggiore rispetto a quello dei cereali arricchiti di vitamine sia sui livelli di ferro che zinco. In sintesi, è difficile sostituire integralmente le proprietà della carne nel processo di crescita dei bambini, soprattutto nei primi anni di vita.
  • Uno dei problemi maggiori dell’alimentazione dei bambini oggi è la selettività, ossia il rifiuto di mangiare e spesso semplicemente assaggiare gruppi di alimenti, come frutta, verdura, carne, pesce e legumi. Nel tempo questo atteggiamento può trasformarsi in un vero e proprio disturbo del comportamento alimentare, determinando quadri di malnutrizione per eccesso (obesità) o per difetto (magrezza eccessiva definita oggi Sindrome di ARFID). Alla base di questo atteggiamento vi sono elementi diversi, ma certamente un dato importante è rappresentato dall’esempio dei genitori: difficile chiedere a un bambino di mangiare un alimento, se non lo vede normalmente sulla tavola dei genitori. Inoltre, non offrire al bambino un alimento come la carne non lo priva solo di principi nutritivi fondamentali per la propria crescita, ma favorisce lo sviluppo di quella selettività che, se associata al rifiuto di altri alimenti, può determinare conseguenze anche gravi. Pensare dunque di lasciare libero il bambino di scegliere il proprio stile alimentare quando sarà più grande è un errore. Non si tratta, infatti, di una scelta di libertà, ma di portare il proprio figlio verso veri e propri disturbi del comportamento alimentare, mettendone a rischio la salute.
  • Una corretta alimentazione per un bambino in fase di crescita deve prevedere sempre tre pasti principali (colazione, pranzo e cena) e due spuntini. Nei pasti principali vi deve essere sempre una fonte proteica che, rispetto ai 14 pasti presenti in una settimana, deve essere rappresentata da carne 3-4 volte, pesce 3 volte, formaggio1 volta e uova 2 volte ciascuno e, per il resto, legumi e cereali. Bisogna però fare attenzione alla quantità di carne che si dà al bambino, anche in relazione alle nuove indicazioni delle tabelle nutrizionali (LARN) che hanno ridotto la quota proteica, in particolare nei primi anni di vita. A un anno è indicato dare porzioni di circa 20-30 grammi di carne ed una quota di 30 grammi dovrebbe rimanere sino a 3 anni, per poi aumentare gradualmente. Con una tale distribuzione di alimenti e con tali quantità, non vi sono grandi differenze nel preferire carni rosse o bianche. Le carni bianche si caratterizzano per una migliore digeribilità e per il tipo di grassi che contengono. Bisogna però ricordare che, in genere, hanno un contenuto di ferro più basso di quello delle carni rosse. .Ancora una volta ciò che conta è variare e allora l’indicazione è carne 3-4 volte settimana di tipi diversi.
  • I controlli sono effettuati sull’intera filiera produttiva e sono svolti dalle autorità competenti (Ministero della Salute, Regioni e ASL) che si occupano di pianificare e realizzare i controlli ufficiali grazie al supporto tecnico-analitico della rete degli Istituti Zooprofilattici. Esiste poi l’“autocontrollo”, introdotto con la nuova legislazione alimentare, che attribuisce agli operatori le responsabilità delle loro attività e dei loro prodotti e l’obbligo di mettere in atto tutte le misure idonee a garantire elevati standard di sicurezza, seguendo le procedure dell’HACCP (Hazard Analysis and Critical Control Point).
  • La normativa, i controlli, le verifiche puntano a garantire un elevato livello di sicurezza di tutti i prodotti. Buone pratiche di lavorazione, corrette prassi igieniche, filiera controllata e scelta adeguata delle materie prime e dei processi produttivi controllati e verificati devono essere comuni a tutte le produzioni. Non è quindi corretto dire a priori che un determinato alimento, un processo produttivo, una catena di distribuzione assicurino un livello inferiore di sicurezza. Certo, per stare più tranquilli, è bene diffidare dalle super offerte e dai prezzi eccessivamente bassi, stabilire un rapporto di fiducia con il proprio negoziante e leggere bene l’etichetta con l’origine.
  • Gli antibiotici sono impiegati sotto controllo veterinario soltanto per curare eventuali malattie infettive. I trattamenti sono fatti in modo da evitare la presenza di residui pericolosi.
  • L'uso di ormoni e promotori della crescita è vietato in tutto il territorio dell’Unione Europea ormai da molti anni. Certo possono esistere allevatori che, commettendo un reato, fanno uso di sostanze proibite e per questo il Piano Nazionale Residui (PRN) prevede diversi controlli sulle singole fasi della catena produttiva, dai mangimi al prodotto finito, per monitorare le sostanze e i residui che potrebbero costituire un pericolo per la salute. Le analisi di laboratorio sono molto sofisticate e il pericolo per i consumatori è molto basso.
  • Il restringimento della fettina di carne in padella non è la prova che l’animale è stato trattato con sostanze illecite. Il restringimento avviene poiché all’interno delle cellule vi è molta acqua (circa il 70%) e con il calore della cottura, l’acqua evapora e si riduce il volume. Il rilascio di acqua è influenzato dall’età dell’animale (gli animali più giovani hanno più acqua), dal tipo di cottura (a fuoco lento esce molta più acqua), dal taglio dell'animale (più grasso c'è meno la carne si ritira). Il discorso è ancor più vero se parliamo dei prodotti surgelati, rivestiti da un sottile strato di ghiaccio, sia a scopo protettivo che igienico.
  • La zootecnia biologica non consente l’uso di farmaci allopatici. La conseguenza è che gli animali sono esposti al pericolo di malattie infettive che possono provocare tossinfezioni alimentari.
  • Gran parte della soia e del mais impiegati nei mangimi sono OGM. Da un punto di vista nutrizionali gli alimenti OGM sono perfettamente identici a quelli tradizionali. Di conseguenza non ci sono conseguenze sulla salute degli animali che li mangiano e tanto meno sulla sicurezza delle carni.
  • L’Encefalopatia spongiforme bovina (BSE o “Mucca pazza”), si è diffusa perché ai bovini è stata somministrata della farina di carne (circa 300 grammi al giorno più 15/20 kg di foraggi) proveniente da animali ammalati. È quindi sbagliato dire che i bovini sono stati trasformati in carnivori. Purtroppo però anche piccole quantità di farine “infette” hanno provocato un grave danno.
  • L’allevamento degli animali avviene seguendo regole simili in tutti i Paesi UE e la sicurezza delle carni deve essere garantita da tutti. Scegliendo carni italiane si favoriscono i nostri allevatori; ma non è una questione di sicurezza.