
Obesità infantile, un pericolo da prevenire
Le cattive abitudini che fanno ingrassare i nostri bambini
L’obesità infantile rappresenta un evento clinico sempre più importante per il numero di soggetti interessati e per la gravità dei quadri clinici associati. A livello mondiale, nel 2014, ben 42 milioni di bambini di età inferiore a cinque anni erano in sovrappeso o obesi, di cui quasi la metà (48%) in Asia e un quarto (25%) in Africa.
In Europa si registrava una prevalenza di sovrappeso e obesità rispettivamente del 12,8% e del 7%, con una maggioranza nei paesi meridionali, in particolare Spagna (21,2%), Cipro (23,4%) e Italia (42,4%) (Bona et al., 2015).
Qual è la situazione in Italia?
Secondo i dati del 2016 forniti dal sistema di sorveglianza “Okkio alla salute”, i bambini in sovrappeso sono il 21,2%, mentre gli obesi rappresentano il 9,3%, compresi quelli severamente obesi che sono il 2,2%. Si registrano prevalenze più alte nelle regioni del sud e del centro. La regione dove il tasso di sovrappeso e obesità è maggiore risulta essere la Campania con il 44.1%.
Oltre il 97% delle forme cliniche di obesità in età pediatrica sono essenziali e solo un 2/3% sono legate a fattori genetici e/o ormonali.
Obesità primaria o essenziale
L’obesità essenziale ha un’origine multifattoriale poiché entrano in gioco la predisposizione genetica e i fattori ambientali. Dai dati rilevati dall’indagine Multiscopo del 2000 emerge una maggior incidenza di obesità nei bambini con i genitori obesi. Infatti, nelle famiglie in cui entrambi i genitori sono obesi, il rischio è dell’80% mentre si dimezza nel caso ci sia solo un genitore obeso.
L’assenza di attività fisica e un’alimentazione inadeguata sono importanti concause dell’obesità primaria, in quanto determinano un eccesso dell’introito calorico con carente dispendio energetico.
Lo stile di vita del bambino è influenzato profondamente dall’ambiente in cui vive, definito “obesogeno” in quanto caratterizzato da un’alimentazione sempre più ricca di cibi con elevata densità energetica e minore qualità nutrizionale, da una prevalenza di stile di vita di tipo sedentario con riduzione delle ore di attività fisica.
È stato riscontrato che la disponibilità di alimenti preconfezionati ad alto contenuto calorico, in combinazione con la loro facilità di distribuzione, costituisca un fattore in grado di influenzare notevolmente l’introito calorico causando ipernutrizione. Al contrario, è stato confermato come il Modello Mediterraneo, già riconosciuto dall’UNESCO come Patrimonio Immateriale dell’Umanità nel 2010, sia inversamente associato allo sviluppo di sovrappeso e obesità, configurandosi come fattore protettivo in età evolutiva (Tognon et al., 2014).
Abitudini alimentari sbagliate
Dalle rivelazioni di “Okkio alla Salute” emerge che:
- Il 31% fa una colazione non adeguata, ovvero sbilanciata in termini di carboidrati e proteine;
- Il 52% fa una merenda di metà mattina abbondante;
- Il 25% dei genitori dichiara che i propri figli non consumano quotidianamente frutta e/o verdura;
- Il 41% dei genitori dichiara che i propri figli assumono abitualmente bevande zuccherate e/o gassate.
Il livello socio-culturale dei genitori è direttamente correlato alle cattive abitudini alimentari dei bambini e quindi al rischio più elevato di sovrappeso/obesità infantile.
Tra i fattori di rischio rientra anche il livello di urbanizzazione quale indicatore indiretto di sedentarietà. A questo proposito, lo studio IDEFICS condotto nel Sud Italia su un’ampia casistica di bambini, ha evidenziato un’associazione significativa tra i livelli di adiposità e il grado di urbanizzazione.
Questo, molto probabilmente, è causato dal fatto che i bambini delle aree urbane sono costretti a una maggiore limitazione nell’esercizio di una libera attività fisica all’aperto, rispetto a coloro che risiedono in aree rurali, nonostante l’evidente facilità di accesso a strutture e servizi sportivi attrezzati (Donatiello et al., 2013).
Anche la qualità nonché la durata del sonno influenzano negativamente il peso corporeo. Si ritiene infatti che il maggior numero di ore di veglia possa favorire l’assunzione di cibi poco salutari (snack, merendine, bevande ecc.) (Falbe J., 2015).
Giuseppe Stefano Morino
Comitato scientifico COSNALA